Asana: stare nella posizione con forza e leggerezza

Quante volte ci siamo trovati in un asana difficile da sostenere, sperando di scioglierla il prima possibile? Oppure abbiamo dato troppo retta al nostro ego,  cercando in tutti i modi di raggiungere la posizione finale, a scapito dei nostri limiti e di un respiro affannoso?

Quando si pratica yoga, ciò che conta è l’ascolto propriocettivo, chiudere gli occhi, portarsi all’interno, attuare tutti quei piccoli aggiustamenti per raggiungere la posizione e stare in modo rilassato nella forma senza perdere il ritmo armonioso del respiro.

Ma cosa significa esattamente ?

Stare in asana non è sforzarsi eccessivamente e neanche rilassarsi troppo ma è il giusto equilibrio di entrambi.

Questo ci dice Patanjali,  filosofo padre dello yoga vissuto nel II secolo a.C. , nel Sutra 46 ( II capitolo) quando recita: Sthira-sukham-āsanam ovvero la postura (āsanam) deve essere stabile (sthira) e confortevole (sukham)

Quando siamo sul tappetino, la cosa più importante è la consapevolezza di quello che stiamo facendo, è lo stare nel momento presente, sapersi ascoltare, agganciarci al respiro , riuscire a trovare un equilibrio nella posizione tra stabilità, intesa come forza,  e piacevolezza.

Tutto questo è possibile se sappiamo ascoltarci, attuare dei piccoli ed impercettibili aggiustamenti per calarci sempre più consapevolmente nella forma  e starci in modo piacevole. Significa attivare solo i muscoli corretti lasciando tutti gli altri allo stesso tempo rilassati,  cosi da poter sperimentare  un senso di benessere invece che di tensione o frustrazione. Se invece si è troppo tesi, il respiro diventa irregolare e non si vede l’ora di uscire dalla posizione; si finirà per attivare anche muscoli non necessari, accumulando così tensione, sia nel corpo che nella mente.

Attivare un coinvolgimento volontario del respiro porta invece a sciogliere le tensioni; illuminare il volto con un sorriso, aiuta a rimandare messaggi di fiducia alla nostra mente e di conseguenza ai muscoli del corpo che si rilassano e facilitano la realizzazione di asana.

Solo così si realizza lo yoga, stando consapevolmente nella posizione, sedersi all’interno di essa , respirarci dentro così da entrare in contatto con il nostro se’ più profondo e vivere questa esperienza in modo piacevole e rilassato.

In questo stato si arriva, secondo Patanjali, a ciò che afferma nel Sutra 47 : rilassamento nello sforzo e unione con l’infinito (prayatna-śaithilya-ananta-samāpatti-bhyām) ovvero prayatna che significa sforzo e śaithilya , rilascio.   Samāpatti  invece significa fusione con ananta cioè l’infinito.

Raggiungere un equilibrio tra due opposti come lo sforzo e il rilascio dello stesso, ci porta verso uno stato di beatitudine.

Il respiro, come sempre è fondamentale perché, soprattutto nella fase espiratoria, c’è un richiamo a lasciare andare le tensioni, le paure, i pensieri negativi . Lasciando andare, ci liberiamo delle tensioni sia fisiche che mentali , creiamo uno nuovo spazio che andremo a colmare di energia positiva attraverso il respiro, veicolo appunto di prana (energia).

Stare quindi nell’asana, non significa, aspettare di scioglierla per trovare il rilassamento ma STARCI IN MODO RILASSATO. 

Asana quindi diventa una metafora nella vita di tutti giorni che ci insegna a saper stare nelle difficoltà senza farci travolgere e senza perderci ma ascoltare e comprendere il messaggio che quella situazione ci vuole comunicare. Vivere senza essere agiti dagli eventi. Cambiare le situazioni che possiamo modificare e adattarci con spirito fiducioso e positivo in quelle per cui non possiamo fare niente. Fluire e adattarci come l’acqua in quel letto del fiume che è la vita, non opporre resistenza perché tutto ciò a cui si resiste, persiste. Così anche in asana bisogna adattarsi e ritrovare, nella stabilità della forma,  la morbidezza del corpo e la fluidità del respiro.

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Stare in asana con questa attitudine porta ad un livello di consapevolezza superiore, ad entrare in uno stato meditativo. La fusione con l’infinito (ananta-samāpatti) , è una dimensione che va al di là del corpo e della mente, è superare la dualità e gli attaccamenti del mondo terreno, cause di sofferenza, per riconnettersi all’infinito; significa riscoprire la nostra vera essenza divina, uno stato di gioia e beatitudine da non ricercare fuori perché sta proprio dentro di noi. Questa consapevolezza ci permettere di vivere con una grande forza: sto bene a prescindere da tutto.

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Alla prossima,

Namaste 🙏

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